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Lombalgia

Sempre più studi convalidano e sostengono l'influenza delle emozioni su certi sintomi del nostro corpo. Questo fatto può essere dimostrato in modo molto evidente nel caso dei dolori muscolari più comuni. In questo articolo approfondiremo il fattore emotivo associato alla lombalgia.

Ovviamente, di fronte a qualsiasi squilibrio nel nostro organismo, è essenziale andare da uno specialista, ma c'è una parte che dipende direttamente da noi e dalle nostre strategie per gestire lo stress e affrontare i nostri stati emotivi. L'Organizzazione Mondiale della Sanità elenca il mal di schiena come una delle principali cause di disabilità e di perdita della qualità della vita in tutto il mondo. Secondo i dati di uno studio realizzato dai ricercatori della University of Sydney School of Public Health analizzando i dati di 187 paesi, hanno scoperto che il 9,4% della popolazione mondiale soffre di lombalgia, con una prevalenza maggiore nei paesi dell'Europa occidentale.

Detto in parole semplici, la lombalgia è un dolore localizzato nella parte bassa della schiena che a volte può irradiarsi alla coscia o agli arti inferiori. Da un punto di vista più meccanico, il dolore lombare è legato a cambiamenti nelle vertebre e nei muscoli della parte bassa della schiena, tuttavia, la causa originale precisa spesso non viene identificata perché non c'è una correlazione diretta tra i cambiamenti anatomici che si possono trovare e il dolore che la persona sperimenta.

Un fatto molto interessante di questa sintomatologia è che circa il 90% dei casi non hanno una diagnosi precisa, per questo vengono classificati come lombalgie aspecifiche, cioè, vengono diagnosticate così semplicemente per gli effetti che provocano, ma non si può determinare una causa. Oltre alle varie situazioni che possono scatenare il dolore lombare, come un alto carico fisico, le vibrazioni, una postura inadeguata, diversi studi hanno dimostrato che i tratti di personalità e gli stati emotivi negativi sono fattori che devono essere presi in considerazione per capire a fondo perché questi dolori si manifestano. Infatti, una delle principali differenze tra la lombalgia acuta e quella cronica è che in quest'ultima i fattori psicologici, emotivi, comportamentali, mentali e sociali hanno un'influenza decisiva sul mantenimento del dolore.


Quindi, per capire meglio la natura somatica di questa malattia, è essenziale prendere in considerazione l'ambiente emotivo della persona, le situazioni stressanti che può attraversare e le caratteristiche della sua personalità. Questo ci porta a indagare l'ambiente emotivo che ha segnato la loro vita e oggi condiziona le loro esperienze attuali.

Se capiamo che il corpo è un sistema di comunicazione che risponde e si adatta all'ambiente in cui si sviluppa, possiamo capire cosa sta manifestando interpretando la funzione del sistema organico interessato. L'intero sistema locomotore ha l'obiettivo di dare struttura e movimento al corpo. Il senso biologico si riflette in queste funzioni, permettendoci abilità fondamentali per la sopravvivenza: come muoversi nell'ambiente, trovare cibo o relazionarsi con gli altri.

Se guardiamo la morfologia della colonna vertebrale vediamo che ci sono delle curve. Questa disposizione conferisce alla colonna una grande flessibilità e la rende molto resistente al carico applicato in direzione verticale. Infatti, in alcuni paesi è tradizionale portare carichi sulla testa mantenendo il centro di gravità nell'asse della colonna vertebrale. Quindi, potremmo dire che la colonna vertebrale è il pilastro della nostra struttura e la parte lombare è incaricata di sostenere la maggior parte del peso. La comprensione del senso biologico ci permette di fare un parallelo con la struttura che ci sostiene e ci permette di sopportare il peso di ciò che portiamo. Infatti, secondo la letteratura scientifica, l'esperienza motoria dei primi 3 anni di vita rappresenta il fondamento dell'autostima e della fiducia in sè stessi. Se un bambino non si fida delle possibilità del suo corpo in movimento e si sviluppa nella paura, sta gettando le basi per una grande insicurezza. In altre parole, in modo un po' più poetico, il filosofo francese Jean Jacques Rousseau diceva che il corpo deve essere abbastanza forte da obbedire all'anima. Un buon servitore deve essere robusto, più il corpo è debole, più comanda. Più è forte, più obbedisce.

Se capiamo che il nostro organismo risponde sia all'ambiente fisico che a quello emotivo, possiamo vedere che questo simbolismo è legato al modo particolare in cui ci sosteniamo, ci posizioniamo e assumiamo o portiamo i diversi pesi che troviamo nella nostra vita e che possono metterci sotto pressione e sovraccaricarci. Ora vedremo come quest'ultimo punto sia centrante secondo diverse ricerche condotte negli ultimi anni. Secondo diversi studi, alcuni fattori di personalità che predispongono le persone al dolore cronico includono la tendenza a colpevolizzarsi e il bisogno di essere accettati, l'insicurezza e la dipendenza sociale. Hanno anche trovato qualche difficoltà nell'esprimere risposte aggressive.

Questo li fa mostrarsi come persone capaci di sopportare tutto, essendo inclini ad assumere obblighi dal loro ambiente, spesso a scapito dei propri bisogni. In relazione al loro background personale, hanno un numero maggiore di esperienze infantili negative, le quali possono contribuire alla loro vulnerabilità e allo sviluppo del dolore cronico.

È essenziale capire che il dolore non è solo il risultato di una reazione fisiologica, ma che il nostro modo di percepirlo e la nostra gestione emotiva hanno una grande influenza sulla nostra soglia di tolleranza e sulla sensazione soggettiva che proviamo. Inoltre, è stato dimostrato che il mantenimento di stati emotivi come l’ira provochi una maggiore tensione nei muscoli della parte bassa della schiena, il che contribuisce a perpetuare il dolore e rallenta il recupero. È importante capire che ciò che ci fa male non è ciò che assumiamo o portiamo, ma in realtà come lo facciamo e per quanto tempo. Così come ci sono posizioni del corpo che minimizzano il rischio di lesioni quando dobbiamo sollevare o portare un peso, possiamo fare un'analogia con le situazioni che scegliamo di portare nella nostra vita quotidiana. Certi pesi sono accettabili e sopportabili a condizione di adottare una postura adeguata, ci prendiamo le pause necessarie e sappiamo come lasciarli andare quando è necessario. E questo, come possiamo vedere, può essere applicato sia a un carico fisico che emotivo. In breve, ciò che può danneggiarvi di più, sia fisicamente che emotivamente, ha a che fare con le vostre decisioni su quali fardelli vi assumete, come li gestite e per quanto tempo.

Ora vediamo alcune risorse pratiche che possiamo usare quando ci troviamo di fronte a una situazione come quella che abbiamo descritto.

Identifica ognuno degli obblighi e dei doveri che ti assumi senza volerlo veramente e comincia a capire qual è l'intenzione dietro questi obblighi autoimposti... Pensa che otteniamo sempre qualcosa per noi stessi sacrificandoci per gli altri, che sia la sicurezza o l'accettazione. Puoi cominciare col chiederti quali responsabilità accetti per sentirti accettato o apprezzato. Pensa a tutto quello che dici usando l’espressione “devo”; è qualcosa che non vuoi davvero fare e ti costringi a fare. Per esempio, può essere che ti accolli la maggior parte dei lavori domestici, che fai per i tuoi figli compiti che loro possono ormai fare da soli, o che cerchi di risolvere tutti i problemi che sorgono nel tuo ambiente di lavoro o familiare. Spesso si pensa che sacrificarsi per gli altri migliori le relazioni, che ci ameranno di più se facciamo costantemente uno sforzo, ma la verità è che l'effetto è spesso l'opposto. Fare cose per gli altri può farti sentire una persona buona, di valore e degna d'amore, ma inconsciamente stai cercando anche di cambiare gli altri. Questo atteggiamento non solo è egoista, ma genera anche frustrazione e risentimento ed è una modalità che finisce per creare dipendenza e dipendere dagli altri. Al di là di capire il peso che ti stai mettendo sulla schiena, la cosa fondamentale è rendersi conto dell'intenzione che nascondi dietro questo sovraffaticamento. Ad esempio, può essere quello di sentirsi utile e di vedere riconosciuto il proprio valore o evitare che qualcuno si arrabbi con te. Questa intenzione è spesso inconscia e ci tiene intrappolati in certi modelli di comportamento che non ci portano alcun beneficio.

Per questo è essenziale renderlo cosciente e scegliere come vogliamo agire d'ora in poi. Come dice Anthony de Mello, l'amore sopporta il carico senza sentirne il peso. Cioè quando facciamo tutto ciò che serve per gli altri, ma lo viviamo assumendolo come una scelta propria e senza sacrificio, anche se il carico è lo stesso, ne diminuiamo automaticamente il peso. Il passo successivo è riconoscere la nostra resistenza al cambiamento, che è spesso associata alla rigidità mentale e alla paura dell'incertezza. Cioè, se cambiamo il nostro modo di rapportarci e di agire, non siamo più in grado di prevedere come reagirà il nostro ambiente, e questo genera insicurezza. Per superare questa resistenza è necessario, prima di tutto, prenderne coscienza e per questo possiamo cominciare a chiederci cosa accadrebbe nel mio ambiente se smettessi di assumere le responsabilità che non mi corrispondono? Inizia ad osservarti quando provi emozioni come la rabbia e l'ira, e chiediti: cosa mi impedisce di esprimere ciò che sento? O cosa succederebbe se lo facessi? In ogni caso, non esprimerlo in quel momento non significa che non lo senti, e non significa che non stia danneggiando sia la relazione con gli altri che te stesso. Infatti, quello che succede di solito è che finirai per esprimerlo in un altro modo e in un altro momento in cui non sarà utile per l'altra persona, non sarà utile nei tuoi confronti e per di più, non ti permetterà di porre limiti a ciò che ti dà veramente fastidio e finirai per rinforzare il tuo senso di colpa e la tua insicurezza, che è proprio ciò di cui parlavamo all'inizio dell’articolo. Essere onesti con noi stessi e ascoltare il nostro corpo sono risorse importanti per scoprire la necessità dietro questa tendenza. Essendo accomodanti e disponibili nei confronti del nostro ambiente, se riusciamo a riconoscere i nostri bisogni, possiamo anche trovare modi più validi per soddisfarli e aumentare il nostro benessere, senza la necessità di sacrificarci o di dipendere dagli altri. L'abitudine di dare la priorità a sè stessi richiede flessibilità e coraggio, poiché implica fare cambiamenti, uscire dalla zona di comfort e gestire la nostra incertezza. Tuttavia, è la chiave per liberarci da quei fardelli dannosi e inutili.

C'è una storia che riflette perfettamente ciò di cui abbiamo parlato in tutto questo articolo. Si diceva che un maestro orientale stesse raccontando una storia ai suoi discepoli. E disse loro: “C'era un uomo che camminava nella foresta e ogni volta che inciampava su un sasso lo metteva in uno zaino che portava con sé e mentre continuava a camminare aveva sempre più sassi nello zaino finché non riusciva più a camminare e cadeva a terra”. Uno degli studenti gli disse: “Ma quell'uomo era molto stupido, vero? Perché lo faceva?” E l'insegnante rispose: ”È la stessa cosa che ognuno di voi fa portando le offese, le colpe e i rimpianti delle difficoltà che incontrate sul vostro cammino. Quindi, vale la pena chiedersi: da quanto tempo portate il vostro zaino con il peso del vostro ultimo errore?”


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Le coppie biomagnetiche agiscono sia a livello fisico che a livello emozionale, per aiutarci a trovare il modo e la forza dentro di noi per attuare quei cambiamenti che non riusciamo a fare e che sono utili per la nostra evoluzione. E cambiare è proprio il senso del sintomo, vuole farci evolvere.
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